sabato 1 ottobre 2011

Malattia mortale Italiana .

La malattia mortale: riflessioni di un 18enne
Venerdì, 30 settembre 2011 - 11:03:47

Egregio direttore,
essendo da diversi mesi che leggo il suo quotidiano online, ho deciso di scriverle questa lettera. Sono un ragazzo marchigiano di diciotto anni che tra pochi giorni comincerà il suo cammino universitario presso la facoltà di economia e commercio di Ancona, e con questa volevo farle sentire tutta la mia grande perplessità e indignazione rispetto a quella che considero la malattia mortale dell'Italia: il non voler andare avanti, mantenere lo status quo.

Come sa, i giorni futuri si prospettano sempre più neri per il futuro dell'Italia: poco più di una settimana fa l'(ennesimo) scandalo sessuale con la pubblicazione di montagne di intercettazioni investe il Presidente del Consiglio, poi l'(ulteriore) ondata al ribasso di Piazza Affari e delle altre borse europee, l'altro giorno il declassamento dell'affidabilità del debito italiano da parte dell'agenzia di valutazione americana S&P's. Se quest'ultima sia stata una manovra politica, come sostiene il Governo, o meno non sta al sottoscritto dirlo; ciò che è importante è il motivo che è alla base di questo abbassamento: d'accordo, abbiamo un governo che manca degli attributi necessari per superare audacemente questa crisi, come d'altronde tutta l'Europa occidentale, abbiamo un tessuto industriale che fatica a ripartire, a causa di un mancato rilancio della domanda interna, abbiamo tutte le inefficienze per cui l'Italia è ormai tristemente famosa, ma questi sono solo i sintomi della malattia italica e non la sua tremenda causa.

Questa invece va ricercata nel profondo dell'Italia, nel cuore degli italiani: come dai recessi più oscuri del vaso di Pandora uscirono tutti i mali del mondo, se guardiamo da vicino l'opinione di tutti gli abitanti della Penisola ci accorgeremo di una cosa, che sono quasi tutti infetti dal terribile virus del conservatorismo ad oltranza.

Indisposizione a seguire nuove vie; tradizionalismo e nepotismo; imposizione di veti sull'abolizione dei privilegi del passato; rifiuto di manovre "correttive" o di modifica delle norme lavorative o del codice del lavoro (ancorato a quello di QUARANTA anni fa); intoccabilità dei soliti noti e delle loro caste; onnipresenza e semi-onnipotenza del sistema giuridico e di quello sindacale. Questi sono solo alcuni esempi: per essere più generici, non siamo disposti a dare nulla per ottenere un futuro migliore: hic manebimus optime, dicevano i romani e sussurrano le sigle sindacali e la Confindustria: non cambiamo niente, riformiamo la struttura senza toccare i suoi pilastri fondamentali. Con una mentalità del genere dov'è il futuro? Nella vanagloria del passato?

Prendiamo ad esempio gli ordini professionali: perchè un neolaureato in giurisprudenza deve essere costretto a sottomettersi a quella mastodontica organizzazione nepotista che è l'ordine degli avvocati per fare il lavoro che vuole? Per non parlare di quello dei notai, che è una casta degna della migliore aristocrazia medievale. Ho nominato queste, perchè sono gli esempi più lampanti, ma lo Stato ne riconosce più di altri 20! Se non fosse per la costante difesa dei loro interessi di "classe", avremmo superato da tempo quest'arcaica struttura di gilde, che proprio come le loro controparti duecentesche decidono chi può fare cosa, quanto va pagato e come vada fatto. Scherziamo? Se l'Italia è, come dice la Costituzione, una repubblica fondata sul lavoro, perchè le persone vengono impedite dallo svolgere la loro attività quando, dove e come pare loro?

Guardiamo anche al nostro panorama politico: nelle due Camere i maggiori partiti sono il Popolo delle Libertà, conservatore, e il Partito Democratico, anch'esso ormai diventato conservatore; gli altri sono ulteriori forze conservatrici, come l'Italia dei Valori o FLI o la Lega stessa. Dov'è finita l'anima socialista della "sinistra"? Quello spirito battagliero dei ragazzi del '68 e quella via tutta italiana al socialismo inaugurata da Berlinguer? Negli ultimi governi Prodi sono state più le politiche "di destra" adottate, una su tutte l'imposizione della moneta unica, che quelle "di sinistra". E dov'è quel sentimento liberale o nazionalista che definisce la "destra"? Nella storia della Seconda Repubblica sono state di più le aggiunte al bilancio sociale da parte dei governi Berlusconi che quelle delle controparti di sinistra. Con un Parlamento con le idee così confuse, con una classe politica simbolo del conservatorismo di chi la elegge, dove possiamo andare?

Si tenta di riformare le pensioni per alleggerire il bilancio statale e per adattarle alle rinnovate aspettative d'età? Guai! Ci manca poco che scoppi una mezza guerra civile come stava per accadere in Francia pochi anni or sono, quando la destra di Sarkozy andava in questa direzione. Si prova a riformare il mondo della giustizia in modo che non continui a far politica, anche grazie al suo partito in parlamento? Vengono assaltate le file dei ministri del partito di governo con indagini su indagini, con fango su fango, finchè questo si ritrova senza la forza di sostenere la grave situazione economica mondiale e di difendere il Paese dai rischi sociali.

E' questa la Malattia Mortale dell'Italia, per utilizzare il titolo di un libro del filosofo danese Kierkegaard; chi prova a cambiare qualcosa viene preso per i fondelli e bloccato dall'alto o dal basso. Gli imprenditori, in particolare quelli della piccola industria con meno di 15 impiegati, sono sempre più irrequieti: all'ultima assemblea di Confindustria oltre il 45% di loro non era contrario ad una patrimoniale, e ora più che mai sono in molti ad appoggiare l'idea dell'Amministratore Delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, di una manovra di portata colossale che possa veramente cambiare le regole del gioco: 400 miliardi non sono pochi, anzi, sono quasi un quinto del totale debito pubblico italiano odierno. Ormai ciò che resta dell'anima viva dell'Italia, di quel ceto imprenditoriale che ha permesso la nascita dei distretti industriali è giunto allo stremo. Signor direttore, quanto ancora verrà munta questa forte, grassa e, nonostante tutto, resistente vacca prima che schiatti?

Ma non si possono solamente fare tagli alla spesa o alzare le tasse: l'ingrediente fondamentale che manca a queste "manovre" è una spinta alla produttività, un decollo della domanda interna, un qualcosa che possa ridare carburante alla macchina Italia, che consuma sempre più e rende sempre meno. Mancano tutte quelle opere atte al rilancio dell'economia del Bel Paese: anzi, per la precisione, ci sono tutte quelle che servono a deprimerla, una su tutte l'aumento dell'Iva al 21%. Basta guardare la locomotiva tedesca, per comprendere! Però, sapete com'è, Hic Manebimus Optime, guai a chi cambia qualcosa! Dobbiamo denunciare ed estirpare questa mortale pianta che soffoca le fronde di quercia e d'alloro dell'Italia, perchè chi non è disposto a rischiare non è degno di un futuro migliore: questo ci insegna la storia e la vita di tutti i giorni. E dubito che per noi, popolo di conservatori, questa sacrosanta verità cambierà.

Marco Porfiri
Da affaritaliani.it