lunedì 7 marzo 2011

A proposito di Federalismo .

Prima che possa iniziare una qualche “notte del Gran Consiglio”, il Parlamento ha celermente approvato la legge che disciplina quello ch’è stato definito «federalismo municipale», così determinando le condizioni per cui i resti mortali di Carlo Cattaneo possano rivoltarsi nella tomba, in una sorta di moto perpetuo. Già, perché il federalismo non può essere altro, che il risultato d’un processo aggregativo: il foedus dei Romani era un accordo pubblicistico, il cui omologo privatistico era il pactum; l’uno e l’altro, però, determinavano la convergenza verso un risultato unitario di entità, collettive o individuali, originariamente distinte, mentre nel caso della legge ora approvata l’effetto è di tipo opposto, sostanzialmente disgregativo, in termini di decentramento tributario. E meno male che il TG1 (è quanto dire!) se n’è accorto e si è limitato a definire il fenomeno, in maniera più realistica, «fisco municipale». D’altronde, il processo federativo dà vita a una realtà di natura politica (si pensi, fra i tanti esempi, alla Confederazione Elvetica, agli U.S.A., al Brasile), della quale il profilo tributario costituisce soltanto un corollario, il che mi fa temere che il funzionamento del nuovo sistema di fiscalità decentrata incontrerà, a voler essere benevoli, più di qualche ostacolo.

Ma, allora, giacché ci siamo, interroghiamoci anche su un’altra realtà federalistica, di tutt’altro genere, vale a dire, l’Unione Europea: qui l’apparenza del fenomeno è politica, però le cose ugualmente non funzionano come dovrebbero, nel senso dello sbilanciamento del rapporto a favore di Francia, Germania e, in parte, Inghilterra. Già, ma soltanto l’apparenza del fenomeno è politica, perché, se lo si esamina con attenzione, non sarà difficile rendersi conto che quella ch’è stata realizzata è soltanto l’Europa economica, mentre quella politica è ancora più che di là da venire; e chissà se (prima che quando) verrà, visto che alle suddette “nazioni forti” una limitazione di sovranità poco o nulla conviene.
Di Sergio Zazzera Da ilBrigante.it

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